La comunicazione aziendale passa anche attraverso la rappresentazione grafica dei dati che, nell’era del digitale, prende il nome di data visualization. Si dà cioè una forma visiva a numeri e dati derivanti dalle analisi in modo tale da aiutare i lettori o gli ascoltatori (che non di rado sono figure interne all’azienda, talvolta di altri reparti e talvolta della dirigenza) ad esplorare temi complessi nella loro interezza.
Forme, colori, spazi e parole scritte vengono scientemente utilizzati come amplificatori visivi per rendere la comunicazione maggiormente efficace: l’obiettivo è far sì che l’informazione passi al target in modo veloce, preciso e perfettamente comprensibile.
Affinché ci si riesca nel modo più efficiente possibile, non basta la data visualization: serve invece fare il salto verso il data storytelling. Alla forma grafica strutturata (e quindi alla visualizzazione) viene aggiunto l’elemento della narrazione.
La narrazione dei dati implica il raccontare una storia tirando fuori le informazioni nascoste in essi, in modo da renderli più facilmente comprensibili anche per chi non è un data scientist. Il valore aggiunto diventa quindi inestimabile, perché la nuova conoscenza che si genera consente ai fruitori di prendere decisioni data oriented e di agire conseguentemente.
Dal grafico al data storytelling
In genere i dati aziendali sono raccolti e conservati in fogli Excel e poi presentati con slide o dashboard. Con i valori presenti nei fogli e grazie ai tool informatici a nostra disposizione, si passa a costruire il grafico che vogliamo realizzare, il quale può assumere varie forme a seconda della qualità e quantità di elementi da visualizzare e del contesto in cui ci stiamo muovendo.
Supponiamo ora di avere il grafico davanti a noi. Il design è in grado di comunicare con chiarezza e a colpo d’occhio quello che vogliamo veicolare ai nostri lettori? Si comprende immediatamente qual è il trend su cui dovrebbe essere portato il focus del lettore? Quali elementi simbolici evidenziano il trend? E quali di questi fanno da catalizzatore dell’occhio di chi guarda? Inoltre: quali elementi distraggono l’attenzione del lettore? Quanti e quali messaggi devono arrivare nel complesso al nostro target di utenti?
Se il grafico è pieno di ostacoli cognitivi a causa di un’errata scelta dei simboli, un modo scorretto di collocarli e di un’erronea distribuzione dei pesi visivi, la visualizzazione risulterà sbilanciata con conseguente fallimento dell’obiettivo della comunicazione aziendale. Per non incappare in questi errori è quindi necessario seguire degli step ben precisi che andiamo ad illustrare di seguito.
Individuare il grafico giusto
Il primo step di una buona visualizzazione dati è individuare il grafico giusto, vale a dire quella modalità di rappresentazione grafica che può massimizzare la quantità di informazioni nella minore quantità di spazio possibile: sarà un grafico a linee, a barre, a torta, radar? È una scelta che quasi sempre avviene in modo automatico e inconsapevole (la maggior parte delle persone lascia scegliere al tool) e che non sempre si rivela la strategia migliore – anzi! Per individuare il tipo di grafico corretto, invece, sappiamo bene che bisogna necessariamente partire dalla tipologia di relazione tra i dati che stiamo visualizzando.
Evidenziare il messaggio
Il secondo step, a questo punto, è l’evidenziazione del messaggio di fondo. Bisogna, cioè, fare in modo che l’attenzione di chi guarda il grafico venga immediatamente indirizzata sulla rappresentazione del dato (sia esso un trend, una correlazione, una composizione di parti per il tutto, ecc) che vogliamo raccontare. A questo scopo vanno usati in modo consapevole tutti gli attributi preattentivi che possiamo controllare, a partire da forme e colori. Anche la psicologia della Gestalt, in questo caso, risulta fondamentale per poter creare una giusta gerarchizzazione tra i dati e focalizzare l’attenzione su quanto davvero è importante.
Eliminare i dati superflui
Attirare l’attenzione verso determinati elementi chiave non sempre è sufficiente. Affinché determinati punti del grafico risaltino come si deve, bisogna anche fare in modo che l’occhio di chi guarda non sia distratto da altro che invece non è importante. È quindi fondamentale eliminare tutti quei dati che non sono strettamente necessari all’interpretazione istantanea del grafico, perché vanno a creare semplicemente sovraccarico cognitivo non funzionale alla corretta interpretazione del messaggio.
Definire il contesto
Di solito in un grafico gli elementi di contesto vengono sottovalutati, invece sono proprio questi che facilitano l’identificazione e la trasmissione del messaggio. Stiamo parlando anzitutto degli elementi testuali (titolo, legenda, didascalie, box informativi): l’errore più comune è di tralasciarli o, più spesso, optare per testi neutri, non parlanti. È invece fondamentale che titolo e sottotitolo veicolino il messaggio che vogliamo comunicare. Non vanno poi dimenticate tutte le componenti visuali vere e proprie, vale a dire immagini o icone che possano rendere più immediata la comprensione degli argomenti in oggetto.
Trasformare una visualizzazione dati in un’opera di data storytelling significa, in ultima istanza, chiedersi: qual è la storia che stiamo raccontando? Se il mio unico obiettivo è comunicare dei dati, qual è il valore che apporto come professionista? Quale il valore aggiunto rispetto a un qualunque tool capace di creare in autonomia grafici e tabelle? Solo nel momento in cui si comprende il messaggio nascosto dentro ai dati e si individua il modo in cui, raccontandolo, questo può generare scelte e decisioni a livello imprenditoriale – solo allora, dicevamo, si potrà parlare davvero di Data Storytelling.