Pubblicato il 2 Aprile 2019Ultimo Aggiornamento: 7 Settembre 2021

Sembra quasi una contraddizione in termini, parlare di testo nella Data Visualization: eppure non è così. Se è vero che un grafico nasce per raccontare tramite immagini perché “un’immagine vale più di mille parole” e che possiede il grande pregio di restituire con immediatezza e pregnanza il senso di concetti, numeri e parole che altrimenti chiederebbero molto più spazio e tempo per essere esposti verbalmente, non per questo il testo deve scomparire dal nostro quotidiano lavoro di visualizzazione. Uno dei più grandi equivoci del nostro millennio è che le immagini avrebbero sostituito le parole: non è vero. Immagini e parole non sono antagoniste: possono vivere insieme, in equilibri via via diversi. Per questo motivo non è un controsenso parlare di testo e data visualization. Anzi: a volte è un imperativo.

Immagini, testi, grafici: un rapporto di compresenza

Un pensiero comune così diffuso da far parte ormai dell’immaginario di tutti noi, che è diventato una frase fatta, un’opinione condivisa, un tema ricorrente, è che ad oggi le immagini hanno sostituito le parole. Dalla società orale, a quella delle parola scritta alle immagini: la storia dell’uomo sembra essere questa. Eppure sarebbe forse più corretto riferirsi a questo pensiero comune come luogo comune e quindi, pur se generalmente accettato, non necessariamente vero: anzi spesso dettato più da superficialità e approssimazione di pensiero che da realtà. A ben vedere, infatti, non è vero che le immagini abbiano sostituito le parole scritte, così come non è vero che la parola scritta, a suo tempo, sostituì quella orale. Piuttosto, ognuna di queste ha affiancato le altre, in misura più o meno preponderante. Siamo inevitabilmente in una società delle immagini, ragioniamo visivamente molto più dei nostri genitori o dei nostri nonni: eppure non per questo le parole scritte sono sparite, non per questo abbiamo smesso di comunicare oralmente. Di parole continuiamo a scriverne, a leggerne, a produrne e a usufruirne ogni giorno. Questo articolo che stai leggendo, del resto, ne è la prova.

Per questo motivo chi lavora con la data visualization non può cullarsi nell’illusione di poter lavorare solo con il visuale: al contrario, deve saper padroneggiare anche la componente testuale. Il rapporto tra testo e immagine, del resto, è speculare: se da un lato le visualizzazioni servono a sintetizzare ed esprimere con immediatezza quanto scritto nei testi, d’altra parte il testo può fare altrettanto, evidenziando ed esplicandone i contenuti. Che significa? Che il testo può aiutare molto. Di più: che il testo spesso è la chiave di volta di una visualizzazione straordinariamente perfetta.

Il testo nella Data Visualization: come usarlo per valorizzare i grafici

L’ultima affermazione è volutamente forte: ma non è un’esagerazione né una frase ad effetto. Semplicemente, è una realtà inspiegabilmente ancora troppo ignorata. La maggior parte di chi visualizza dati per lavoro neanche si sofferma a pensarci, eppure basterebbe studiare criticamente le visualizzazioni più belle e riuscite per realizzare che hanno tutte in comune una forte componente testuale. La data visualization perfetta è un connubio di testo e immagine: alterna sapientemente contenuto scritto e visuale, parole e icone. È quasi in grado di sostituire l’articolo che correda – anzi, senza quasi: è autosufficiente, può essere proiettata, stampata, diffusa e distribuita e comunicare efficacemente il messaggio che porta con sé, con chiarezza estrema. E così si torna al punto di partenza: sembra quasi una contraddizione in termini, parlare di testo nella Data Visualization, eppure non è così. Il testo non solo può essere presente in un grafico, ma addirittura lo valorizza.

E allora la domanda è legittima: come si ottiene una data visualization così? Come si usa il testo in un grafico in modo ottimale? La risposta è presto detta: intervenendo su tutti gli elementi testuali in modo consapevole e mirato (e creandone alcuni).

Il titolo

Il titolo è il primo elemento testuale sul quale bisognerebbe intervenire: l’errore più grossolano (ma anche il più comune in assoluto) è quello di usare un titolo meramente descrittivo o, addirittura, dimenticarsi di scriverne uno. Perché perdere l’occasione di trasformarlo in uno strumento di comunicazione? Un titolo ben fatto non dovrebbe dire che dati sono stati usati, ma cosa dicono quei dati o, meglio ancora, cosa vogliamo mettere in evidenza di tutto ciò che dicono. Ad esempio “consumo annuale di burro nei paesi europei” potrebbe diventare “Il primato della Francia nel consumo di burro in europa” oppure “La diminuzione del consumo di burro pro-capite negli ultimi 15 anni”.

Il sottotitolo

Per il sottotitolo, naturalmente, vale un discorso molto simile a quello fatto per il titolo. Se per qualche motivo preferisci optare per un titolo più asettico e “tradizionale”, potresti approfittare del sottotitolo per una lettura del dato. Altrimenti, se hai già opportunamente modificato il titolo, il sottotitolo diventa l’occasione perfetta per commentare ulteriormente con dati e percentuali: “la Francia è il primo paese in europa per consumo di burro pro-capite, con 80kg annui a persona” o “Dal 2003 al 2018 il consumo di burro pro-capite è calato del 19%, passando da 85 a 65kg all’anno”.

Le etichette

Le etichette sono un elemento fin troppo sottovalutato. Solitamente, così come avviene per i marcatori, la scelta è binaria: o le si mette tutte o si sceglie di toglierle. In realtà l’opzione migliore è, neanche a dirlo, la via di mezzo: l’ideale è inserire solo quelle etichette relative a dati o valori significativi. Ma che c’entra il testo in tutto questo? È presto detto: un’etichetta significativa può diventare molto di più di un semplice numero, e rappresentare invece l’occasione per creare un box che commenti il dato e spieghi cosa significa. Ancora una volta: dai voce alla data visualization.

I box di testo

I box di testo, comunque, non è detto che debbano essere inseriti necessariamente in corrispondenza di etichette particolari. A volte, infatti, potrebbe essere necessario commentare un trend, spiegare l’intervento di una variabile esterna, contestualizzare. Ogni volta che credi che del testo possa aiutare a chiarire il grafico che si sta guardando, dovresti inserirlo. Il testo in una data visualization, del resto, serve proprio ad ampliare il suo potenziale comunicativo!

Gli esempi che ti abbiamo riportato in questo post, tutti tratti da Tableau, non sono solo esempi perfetti di come utilizzare in maniera proficua il testo nella data visualization, ma prima ancora mostrano perché un grafico possa acquisire un potere comunicativo straordinario da un uso consapevole degli elementi testuali. L’utilizzo proprio del testo è uno degli elementi più sottovalutati nel mondo della data viz ed è per questo che cerchiamo di dedicargli una parte speciale nei nostri corsi di formazione. Scopri di più a questo link e… stay tuned, che ci sono GROOOOSSE novità in arrivo per chi visualizza per lavoro e per passione!

Condividi l'Articolo

Fabio Piccigallo

Un articolo scritto da Fabio Piccigallo

Articoli recenti

Categorie

Data Storytelling

"I don't use pie charts, and I strongly recommend that you abandon them as well. My reason is simple: pie charts communicate information poorly." Stephen Few