Per esporre in maniera chiara e velocemente leggibile una grande quantità di dati, i grafici sono spesso la soluzione migliore. Ma non è certamente l’unica! Infatti, in alcune specifiche occasioni, il loro utilizzo può risultare controproducente, trasformandoli in un elemento che, paradossalmente, diminuisce la leggibilità dei dati rappresentati e interrompe la fluidità della lettura o della presentazione.
I casi in cui i grafici possono rivelarsi del tutto improduttivi? Semplice: quando i dati da rappresentare sono pochi. Ma anche quando è necessario sottolinearne solo alcuni senza necessità di evidenziare un andamento storico né particolari relazioni tra i dati stessi.
Che alternative ci sono ai grafici?
Per fortuna, nel mondo del data storytelling, il buon vecchio grafico può essere sostituito con strumenti altrettanto efficaci. Naturalmente è importante sottolineare che le soluzioni qui presentate possono essere applicate solo in alcune specifiche circostanze: nel caso in cui ci sia bisogno di sottolineare un certo andamento storico, oppure di raggruppare una grande quantità di dati, un grafico sarà probabilmente indispensabile.
Ma se chi deve effettuare la presentazione dovrà illustrare solo pochi dati alla volta, o effettuare una comparazione tra due dati o eventi, le soluzioni consigliate per il data storytelling sono altre. Scopriamole insieme, individuando casi d’uso e benefici di ogni forma alternativa di data visualization.
Un semplice testo
Illustrare i dati da sottomettere alla propria audience con un semplice testo? Sì, è possibile, ed è consigliabile soprattutto nel caso in cui i dati da illustrare siano pochi, e relazionati tra di loro.
Si può pensare, ad esempio, al confronto tra due dati rilevati in due anni molto distanti tra loro, per evidenziarne la differenza. Un grafico sarebbe inutile; ma introdurre un elemento di testo, che sottolinei in maniera chiara la relazione tra i due dati illustrati, renderebbe molto più scorrevole e comprensibile la lettura.
Il semplice testo può trasformarsi in un elemento grafico a sé stante. Infatti, giocando sapientemente con la dimensione del font e con il posizionamento del testo che illustra i dati all’interno del resto della presentazione, sarà possibile evidenziare il dato di maggior interesse e paragonarlo a un secondo set, magari illustrato come didascalia.
Una buona alternativa alla rappresentazione testuale dei due set di dati da paragonare è la rappresentazione dei dati come intervallo: ad esempio, al posto di scrivere “il 60% dei bambini nel 1970 non frequentava regolarmente corsi sportivi, oggi solo il 20%” si potrà utilizzare una formula più semplice e intellegibile, come: “rispetto al 1970, oggi i bambini che frequentano regolarmente un corso sportivo sono raddoppiati”, espandendo in seguito con una nota il concetto da illustrare.
Naturalmente, nella realizzazione di un testo che illustri alcuni specifici dati, ogni parola andrà pesata con attenzione, per rendere più scorrevole la lettura e non dare possibilità di interpretazioni fuorvianti a chi leggerà la nostra presentazione.
Le tabelle
Le tabelle sono spesso sottovalutate a causa del loro aspetto estetico non esattamente accattivante, eppure nel mondo del data storytelling sono armi davvero utilissime. Infatti, le tabelle possono essere estremamente comode nel caso in cui sia necessario illustrare un set di dati limitato, indicando i valori esatti per più di una metrica.
Per rendere più leggibili le tabelle, alcuni trucchi potranno accorrere in nostro aiuto: in primo luogo è importante ricordare che il centro dell’attenzione deve essere sui dati, e non sugli elementi grafici che compongono la tabella. Perciò, le caselle dovranno avere il minimo impatto possibile: l’ideale è eliminare le linee di demarcazione, operando verso uno stile decisamente minimalista.
Per tutti i consigli su come ottimizzare l’efficacia comunicativa (e la bellezza!) di una tabella, c’è questo articolo dedicato.
In ogni caso, esse dovranno sempre essere studiate e realizzate con la massima attenzione, disponendo i dati con una corretta etichettatura e, preferibilmente, includendo solo quelli più rilevanti ai fini dell’indagine. Insomma: in una tabella, ogni cosa deve essere al suo posto e ordinata in maniera perfettamente logica.
Heatmap
Una heatmap può essere definita come un’evoluzione della classica tabella. In buona sostanza, si utilizza la struttura base di una tabella con caselle, utilizzando varie sfumature di colore per evidenziare i dati più importanti secondo un ordine crescente. Come suggerisce il nome, i dati più “caldi” – e dunque, che dovranno catturare di più l’attenzione del lettore – potranno essere evidenziati con tonalità di colore più intense, mentre quelli secondari con tonalità più chiare e così via.
Nella realizzazione delle heatmap è importante ricordare che l’utilizzo dei cosiddetti “colori parlanti” può essere di grande aiuto: verde per sottolineare trend positivi, giallo un’evoluzione allarmante, rosso per eventi negativi.
Il segreto, come sempre quando parliamo di Data Storytelling, sta nel trovare il metodo di visualizzazione più efficace a seconda del contesto, ovvero delle persone a cui è rivolto la visualizzazione dati che stiamo costruendo e di ciò che rappresenta.
Tu hai mai utilizzato heatmap? E avevi mai preso in considerazione l’ipotesi di trasformare un numero in un elemento grafico? Per altri spunti sul data storytelling, continua a seguirci!