Chi si occupa di data visualization sa che il proprio lavoro si compone di diverse fasi che vanno dalla raccolta dei dati (anzi, dall’individuazione delle fonti) fino alla rappresentazione dei risultati.
Grazie alla sua competenza è in grado di estrapolare trend, raggruppamenti e strutture all’interno di grandi quantità di dati; paradossalmente, però, è il passaggio successivo quello più delicato: riuscire a rendere questi stessi risultati accessibili anche ai non specialisti, presentandoli nel modo migliore possibile. La psicologia, per nostra fortuna, ha elaborato una serie di principi che possono aiutarci a creare visualizzazioni efficaci. Questi principi sono noti come Leggi della Gestalt.
La Data Visualization è uno strumento tanto più utile quanto più permette ai non-specialisti di interpretare correttamente grandi quantità di dati. Nessuno è in grado di trarre informazioni utili da un insieme disordinato di dati grezzi: per questo l’obiettivo della Data Visualization è rendere intuibili (o meglio ancora evidenti) tutti quei pattern, quei raggruppamenti o quelle strutture che permettono di interpretare un fenomeno nel modo corretto e, di conseguenza, di prendere decisioni migliori.
Il momento dell’analisi dei dati, quindi, è separato rispetto alla loro rappresentazione.
Il primo è appannaggio del data analyst, che può capire quali sono gli aspetti salienti per rappresentare un fenomeno. Il secondo, invece, è quello della rappresentazione grafica: l’obiettivo è quello di rendere il risultato dell’analisi fruibile a chiunque, anche a chi potrebbe essere meno esperto.
In questa fase del lavoro ci vengono in soccorso alcuni studi di psicologia, in particolare quei principi che vanno sotto il nome di “Leggi della Gestalt”.
La percezione: un fenomeno immediato
Caliamoci nei panni di una persona non esperta di analisi dei dati che riceve un grafico in cui sono sintetizzati una grande quantità di informazioni – poco importa che sia un istogramma, un grafico a dispersione o di altro tipo.
Prima ancora di aver focalizzato l’attenzione su ciò che sta guardando, a volte prima ancora di avere persino letto a cosa si riferiscono i dati che ha sotto gli occhi, la sua mente avrà già elaborato moltissimi elementi di quell’immagine.
La percezione visiva infatti avviene a livello immediato, o meglio “preattentivo”: se una certa linea sale o scende, se ci sono dei raggruppamenti, se c’è un andamento irregolare, se gli elementi presentano colori diversi e magari come si dispongono questi colori nel grafico.
La mente identifica subito la struttura portante dell’immagine, il modo in cui essa è costruita.
Il cervello “si fa un’idea” di ciò che sta guardando prima ancora di arrivare all’elaborazione razionale.
Ma com’è che si forma, in pratica, quest’idea? Detta in poche parole, il nostro cervello crea relazioni tra i diversi elementi:
- identificando cluster di elementi uno vicino all’altro;
- considerando collegati tra loro elementi che sono di forma simile;
- cercando regolarità nella distribuzione degli elementi visivi;
- visualizzando elementi racchiusi in uno stesso insieme;
- appoggiandosi ad altre modalità di elaborazione rapida.
Ecco perché scegliere un metodo di rappresentazione anziché un altro può effettivamente favorire moltissimo il lettore, alleggerendone il carico cognitivo. In casi estremi, diverse rappresentazioni grafiche potrebbero addirittura suggerire interpretazioni differenti di uno stesso fenomeno.
Il ruolo centrale della grafica
Si dice spesso che un’immagine vale più di cento parole. Ed è proprio per questo che occorre fare particolarmente attenzione a ciò che le si fa dire.
La rappresentazione giusta è quella che evita i bias cognitivi e che evidenzia, invece, quegli elementi realmente importanti ai fini della comprensione dei fenomeni (e che sono stati precedentemente identificati dall’analista).
Chi si occupa di data visualization non può quindi limitarsi a dare una forma grafica qualsiasi all’insieme di valori che ha raccolto e analizzato; deve invece selezionare con attenzione ogni dettaglio della rappresentazione, così da guidare al meglio un’interpretazione corretta dei dati.
Si parte, ovviamente, dalla scelta della tipologia di grafico da utilizzare; allo stesso grafico poi si applicano una serie di accorgimenti (forme degli elementi, colori, scelta della scala da utilizzare, ecc.) che rendono il messaggio più intellegibile, alleggeriscono lo sforzo cognitivo e limitano le possibilità di errore nella lettura.
In questa delicata fase del lavoro è utile ricorrere alle teorie di derivazione psicologica dette “Leggi della Gestalt”. Qui le elencheremo, per poi presentarle in dettaglio nei prossimi post blog. Prima, però, cerchiamo di capire quali sono e perché conoscerle può aiutarci a creare delle Data Visualization efficaci.
Le sei Leggi della Gestalt
Il modo in cui si formano le nostre percezioni è stato a lungo studiato dalla psicologia. Si tratta di un fenomeno affascinante e in parte ancora misterioso, come moltissimi altri ambiti di indagine legati alla nostra mente e al nostro comportamento.
Per quanto riguarda la percezione visiva, in particolare, gli studi fondamentali a cui si fa riferimento ancora oggi risalgono al periodo tra le due Guerre Mondiali e sono legate ai nomi di Max Wertheimer, Wolfgang Koehler e Kurt Koffka.
È appena il 1912, infatti, quando Max Wertheimer fonda una corrente di pensiero denominata Gestalt (ovvero “Forma” in italiano) che si concentra sui temi della percezione e dell’esperienza. La Gestalt parte dal presupposto che è proprio da questi due elementi fondamentali che si deve partire per capire il comportamento umano. Fu una rivoluzione, ma soprattutto l’inizio di una serie di indagini che avranno ricadute importanti sia negli studi di psicologia generale che in altri ambiti di studio e ricerca.
Wertheimer svilupperà l’approccio gestaltico negli anni successivi insieme a Koehler e Koffka, suoi collaboratori. Del loro lavoro, in questa sede ricordiamo in particolare le Leggi della Gestalt, enunciate nel 1923.
Le Leggi indicano i principi percettivi innati che la nostra mente utilizza per elaborare gli stimoli ricevuti dando loro ordine e forma. Conoscerli, quindi, ci aiuta a comprendere il modo in cui il nostro cervello “legge” ciò che lo circonda: nel nostro caso, le immagini. Essendo consapevoli degli elementi che attirano l’attenzione, di quelli che non vengono percepiti correttamente e del modo in cui essi “plasmano” le nostre percezioni prima ancora di elaborarle in maniera razionale, riusciremo a sfruttarli in modo efficace facendo sì che lo sguardo del nostro interlocutore finisca proprio dove vogliamo che vada.
Nella forma odierna, le sei leggi che riguardano gli aspetti visivi (e che possiamo sfruttare, quindi, per la Data Visualization) sono:
- Vicinanza
- Uguaglianza
- Connessione
- Continuità
- Simmetria
- Chiusura
Approfondiremo nei prossimi articoli ognuno di questi aspetti e con i giusti esempi vedremo come possono essere sfruttati per la Data Visualization. Continua a seguirci per non perderti nessun aggiornamento.