Pubblicato il 11 Settembre 2023Ultimo Aggiornamento: 11 Luglio 2023

In un’era in cui viviamo sommersi dai dati, il data storytelling si è affermato come un metodo fondamentale per trasmettere informazioni complesse e quantitative in modo efficace, accattivante e, soprattutto, comprensibile.

Ma cos’è il data storytelling?

Lo abbiamo detto spesso in questo blog, ma non fa male ripeterlo: in sintesi, intendiamo con questa locuzione l’arte di raccontare storie utilizzando i dati, combinando competenze analitiche e narrative per tradurre numeri spesso aridi e incomprensibili in storie coinvolgenti e persuasive.

Nel mondo del business, i dati rappresentano la linfa vitale per la presa di decisioni strategiche. Tuttavia, i dati in sé possono essere sterili e difficili da interpretare. Da qui la necessità di un approccio che sappia tradurre questa mole di informazioni in una forma che risulti intuitiva all’audience, trasformando il dato grezzo in un messaggio che può essere facilmente assimilato e ricordato.

 

Il data storytelling e la memorabilità delle storie basate sui dati

Il data storytelling non consiste solamente nel rappresentare i dati in forma visiva attraverso grafici o tabelle. Va ben oltre, incapsulando quei dati in un contesto e fornendo una trama che permette all’audience di collegare i punti, di vedere i modelli e, soprattutto, di capire perché quei dati dovrebbero interessarle. Si tratta di unire la scienza dei dati con l’arte della narrazione per creare un messaggio potente ed emozionale.

Per raggiungere questo obiettivo, è fondamentale comprendere e applicare i principi della teoria della comunicazione. Tra questi, emerge l’importanza di creare una storia che risulti memorabile, coinvolgente e persuasiva.

Perché una storia sia memorabile, deve essere rilevante e significativa per l’audience. Deve toccare i punti di interesse del pubblico e deve rispondere a un suo bisogno o desiderio.

Per essere coinvolgente, una storia deve creare una connessione emotiva con l’audience. Deve suscitare emozioni e sentimenti che coinvolgano il pubblico e lo rendano parte integrante della narrazione. Le emozioni sono infatti un elemento chiave nel processo di memorizzazione: ciò che provoca un’emozione tende a rimanere impresso nella mente a lungo.

Infine, per essere persuasiva, una storia deve fornire prove concrete e convincere l’audience della veridicità di ciò che viene presentato. I dati, in questo senso, rappresentano un’arma potente: se presentati nel modo corretto, possono conferire autorevolezza alla narrazione e convincere l’audience dell’importanza del messaggio.

 

La memorabilità secondo i fratelli Heath

Chip e Dan Heath, docenti rispettivamente di comportamento organizzativo presso la Stanford University e di economia presso la Duke e co-autori di diversi libri, hanno trattato una serie di principi che possono essere applicati al data storytelling per garantire che le informazioni presentate rimangano impresse nella memoria del pubblico.

 

Semplicità: la chiarezza al centro del messaggio

Secondo gli Heath, le idee semplici e chiare sono più facili da ricordare e condividere. Nel data storytelling, ciò implica presentare i dati in modo semplice e diretto, evitando di sovraccaricare il pubblico con informazioni non essenziali.

Un modo efficace per farlo è utilizzare la regola del “Commander’s Intent” (l’intento del comandante), che si concentra sulla comunicazione dell’obiettivo principale, eliminando dettagli e informazioni secondarie che potrebbero distrarre o confondere il pubblico. Questo approccio, nato in ambito militare nell’Esercito degli Stati Uniti, consente infatti di mantenere il focus sul messaggio chiave e di facilitarne la comprensione e la memorizzazione.

In estrema sintesi esso consiste nell’enunciare chiaramente l’obiettivo finale di una missione o di un’operazione, dando agli esecutori la libertà di decidere come raggiungere tale obiettivo in base alle circostanze in cui si trovano.

La regola del Commander’s Intent si basa infatti su due principi fondamentali:

  1. Comunicazione chiara dell’obiettivo: Il comandante (o leader) deve esprimere in modo inequivocabile quale sia l’obiettivo finale da raggiungere. Deve essere un obiettivo chiaramente comprensibile, in modo che ogni membro del team sappia esattamente cosa si intende ottenere.
  2. Autonomia decisionale: Una volta definito l’obiettivo, il comandante lascia che i membri del team decidano come raggiungerlo. Questa flessibilità consente ai membri del team di adattarsi alle circostanze mutevoli e ai problemi imprevisti, mantenendo sempre in vista l’obiettivo finale.

In un contesto aziendale, il Commander’s Intent può essere una strategia efficace per migliorare la produttività e l’efficacia del team. Stabilire un obiettivo chiaro e concedere ai membri del team la libertà di trovare il modo migliore per raggiungerlo può stimolare l’innovazione, la creatività e l’impegno. Allo stesso tempo, può aiutare a garantire che tutti nel team siano allineati e orientati verso lo stesso obiettivo. Nel Data Storytelling, tenere a mente la regola del Commander’s Intent aiuta a focalizzare tutta la comunicazione attorno a un solo obiettivo comunicativo chiaro e sintetico, senza perdersi in inutili digressioni e minimizzando il rischio di obiezioni terze.

 

Sorpresa: stimolare la curiosità con qualcosa di inaspettato

Le idee che sorprendono o stimolano la curiosità del pubblico tendono ad attirare l’attenzione e a rimanere impresse nella memoriaPer creare sorpresa e svegliare l’interesse, dobbiamo trasformare la domanda “Quali informazioni devo trasmettere?” in “Quali domande devo suscitare?

Nel data storytelling, questo principio suggerisce di utilizzare elementi inaspettati per suscitare interesse e coinvolgimento. Inoltre, l’uso di tecniche di visualizzazione dei dati creative e innovative può contribuire a rendere le informazioni più interessanti e memorabili. Un esempio di questo approccio potrebbe essere l’utilizzo di analogie e metafore per rendere concetti complessi più accessibili e stimolanti.

Ricordati però di mantenere al centro della tua progettazione la chiarezza comunicativa: utilizzare effetti speciali inutili per la narrazione o grafici non consueti con il solo intento di stupire sarà sempre controproducente, diventando con facilità ostacolo e rumore rispetto al messaggio che vuoi condividere con la tua audience.

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Concretezza: specificità e tangibilità

A proposito di quanto appena detto, un altro punto cardine della teoria dei fratelli Heath è il principio della concretezza, che invita invece a non utilizzare inutili orpelli per concentrarsi invece su ciò che è importante e essenziale, dandogli, per così dire, tangibilità – oseremmo quasi dire fisicità.

Le idee concrete e specifiche sono più facili da comprendere e ricordare rispetto a concetti astratti e generali. Nel data storytelling, è importante utilizzare esempi concreti e dati reali per illustrare i concetti e le tendenze. Ciò può includere l’uso di case study, testimonianze e storie di vita che mostrino l’impatto dei dati sulla vita delle persone. Inoltre, è fondamentale utilizzare termini concreti e facilmente comprensibili per descrivere i dati, evitando terminologia tecnica e astratta che possa creare confusione o disinteresse nel pubblico.

 

Credibilità: affidabilità e autorevolezza

Nel lontano 1979, Ronald Reagan riuscì a sbaragliare Jimmy Carter nella corsa alla presidenza degli Stati Uniti chiedendo agli americani semplicemente “State meglio oggi o quattro anni fa?

È quasi scontato, ma non per questo non giova ricordarlo: le idee che sono percepite come credibili e affidabili hanno maggiori probabilità di essere accettate e ricordate. Nel data storytelling, è fondamentale presentare i dati in modo accurato e trasparente, citando le fonti e mostrando come le informazioni sono state raccolte e analizzate. Inoltre, è importante dimostrare la competenza e l’esperienza dell’autore, evidenziando la loro conoscenza approfondita del tema e delle tecniche di analisi dei dati. Utilizzare esperti esterni, dati provenienti da fonti autorevoli o studi di settore riconosciuti può anche rafforzare la credibilità del messaggio e aumentare la fiducia del pubblico nelle informazioni presentate.

 

Emozioni: coinvolgere il pubblico a livello emotivo

Sebbene possa apparire paradossale, la capacità di generare emozioni profonde con concetti astratti o grandi numeri, per quanto siano stupefacenti, è limitata. Questa è una realtà che gli autori del libro “Made to Stick” hanno sintetizzato come “Effetto Madre Teresa“. La celebre umanitaria aveva l’abitudine di dire: “Se guardo alle moltitudini, non agirò mai. Se mi concentro sull’individuo, mi metterò in movimento“.

Questo concetto spiega perché, nonostante la disponibilità di rapporti dettagliati e affidabili sulla povertà globale, spesso restiamo inermi finché non ci imbattiamo in una singola storia di sofferenza – quella di un bambino, ad esempio – che ci mostra come un piccolo gesto da parte nostra possa fare una differenza tangibile. È la storia personale, l’esperienza individuale, che ci coinvolge emotivamente e ci motiva all’azione.

Le idee che suscitano emozioni tendono a essere più coinvolgenti e memorabili. Quando presentiamo dei dati o costruiamo una reportistica è quindi importante considerare l’aspetto emotivo delle informazioni e utilizzare tecniche narrative e visive per creare un legame emotivo con il pubblico. Ciò può includere l’uso di immagini evocative, storie personali e approcci umanizzanti per mostrare come i dati influenzano le vite delle persone. Inoltre, è possibile sfruttare le emozioni positive, come l’orgoglio e la speranza, o le emozioni negative, come la paura e la rabbia, per motivare il pubblico a prestare attenzione e ad agire in base alle informazioni presentate.

 

Storie: il potere delle narrazioni

Le storie sono un potente strumento di comunicazione che aiuta il pubblico a comprendere e a ricordare le informazioni. Daniel Kahneman diceva che le persone hanno bisogno di storie, non di dati, per prendere decisioni. Ciò vuol dire che nel comunicare informazioni di carattere quantitativo, è fondamentale integrare i dati in narrazioni coinvolgenti e significative che mostrino come le informazioni si traducano in esperienze reali e tangibili.

Utilizzando tecniche narrative, anche attraverso la gerarchizzazione delle informazioni e la costruzione di un flusso ordinato di elementi narrativi, come se fosse una trama con definizione di conflitti e risoluzione di problemi, è possibile rendere il data storytelling più coinvolgente e memorabile per il pubblico.

 

Memorabilità delle idee e data storytelling

Per applicare efficacemente i principi che abbiamo visto finora al data storytelling, è importante considerare attentamente il pubblico e il contesto in cui le informazioni vengono presentate. Ogni storia deve essere adattata alle esigenze e agli interessi del pubblico, tenendo conto delle loro conoscenze pregresse, aspettative e obiettivi.

Inoltre, è essenziale selezionare le tecniche di visualizzazione dei dati più appropriate per comunicare le informazioni in modo chiaro e conciso.

Infine, è fondamentale essere consapevoli delle possibili distorsioni e pregiudizi che possono influenzare la percezione e l’interpretazione dei dati da parte del pubblico. Ciò richiede di presentare le informazioni in modo equilibrato e imparziale, evitando di manipolare i dati o di enfatizzare aspetti specifici per influenzare indebitamente le opinioni e le decisioni del pubblico.

 

Conclusione

I principi di comunicazione proposti da Chip e Dan Heath nei loro studi sulla memorabilità offrono una solida base per migliorare l’efficacia del data storytelling. Semplicità, sorpresa, concretezza, credibilità, emozioni e storie sono elementi chiave che possono essere utilizzati per creare presentazioni di dati coinvolgenti, persuasive e memorabili.

Applicando questi principi al data storytelling, i professionisti e le organizzazioni possono garantire che le informazioni presentate siano comprese e ricordate dal pubblico, facilitando la comunicazione di idee complesse e contribuendo a una migliore comprensione e utilizzo dei dati in vari contesti e settori.

Impara a padroneggiare l’arte del Data Storytelling

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Fabio Piccigallo

Un articolo scritto da Fabio Piccigallo

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"I don't use pie charts, and I strongly recommend that you abandon them as well. My reason is simple: pie charts communicate information poorly." Stephen Few