Pubblicato il 24 Gennaio 2023Ultimo Aggiornamento: 20 Gennaio 2023

Il ruolo centrale che le moderne tecnologie hanno assunto per le imprese ha comportato dei cambiamenti importanti in termini di raccolta di dati ed informazioni. Le aziende di oggi infatti, soprattutto quelle che operano online e sfruttano le potenzialità offerte dal web e dai social media, si trovano ad avere a che fare con una quantità sempre più ingente di dati.

Si tratta di informazioni essenziali per prendere decisioni cruciali a vari livelli, ad esempio per decidere investimenti ed espansioni, per correggere attività in corso, per impostare adeguate strategie di marketing e via discorrendo. Affinché i dati possano supportare il processo decisionale, tuttavia, va da sé che non basta limitarsi a raccoglierli. È questo un tasto dolente su cui inciampano ancora oggi molte aziende, che hanno banche dati anche notevoli che però poi non sanno interrogare a dovere. La data analysis è, non a caso, una delle hard skill più richieste oggi dalle risorse umane delle aziende di qualunque dimensione. Accanto a questa, sta guadagnando sempre più importanza la data visualization, fondamentale non solo per riuscire a comprendere in profondità le informazioni “nascoste” tra dati, ma anche per poterle comunicare efficacemente all’interno dell’azienda, affinché arrivino a chi è legittimamente coinvolto nei processi decisionali.

Numeri che parlano: visualizzare per capire

Raccogliere i dati, si è detto, non basta: bisogna comprenderli per poterne poi fare qualcosa (e quindi trasformarli in decisioni operative). Per riuscire a capire ciò che i numeri dicono, purtroppo, non basta ricorrere alla semplice analisi. Metriche di analisi statistica sono sicuramente utili, e confrontare i dati con quelli precedenti è indubbiamente opportuno, eppure quasi mai questo si rivela sufficiente.

Visualizzare i dati, infatti, è essenziale per fare emergere pattern, anomalie, tendenze e cambiamenti in atto che altrimenti sarebbe difficile notare. Il cervello umano non è un robot e non è in grado di elaborare migliaia di numeri: è essenziale che possa “vederli” per comprenderne il senso, e questo vale non solo per i “comuni mortali” ma anche per gli analisti esperti. Fu il matematico e statistico Francis Anscombe a dimostrare come la visualizzazione era utile già in fase di esplorazione dati, illustrando come diverse serie di dati che erano identiche dal punto di vista statistico potevano, se visualizzate, raccontare storie totalmente differenti. Ne abbiamo parlato a lungo in questo articolo, che ti consigliamo di approfondire per guardare con i tuoi occhi la dimostrazione di Anscombe.

Risale al 73, eppure dopo mezzo secolo ancora nelle aziende si tende a utilizzare la data visualization solo nella fase finale del processo di analisi, quello comunicativo, dimenticando l’importanza di rappresentare le informazioni fin dalle primissime fasi. Se non siamo i primi a capire un’informazione, diventa davvero complesso riuscire a comunicarla. E arriviamo così al punto due…

Impara a padroneggiare l’arte del Data Storytelling

Dal dato all’informazione, dall’informazione alla decisione: visualizzare per comunicare

Se è vero che visualizzare i dati aiuta a comprenderne la natura fin dalla fase esplorativa, e quindi è un’operazione utile per chi li maneggia, non è difficile immagine quanto sia indispensabile per far sì che riesca a “entrare nei dati” anche chi deve solo leggerli e digerirli.

L’abilità del visualizzatore, a questo punto, diventa quella di fare in modo che chi osserva un grafico o una dashboard riesca a coglierne immediatamente il messaggio (o i messaggi, al plurale), senza la minima ombra di dubbio. La sfida, in altre parole, è trasformare una visualizzazione dati in un qualcosa di simile a un libro o un film: un prodotto con una sua autonomia semantica, che possa essere fruito dagli altri in modo indipendente – e quindi senza che nessuno lo spieghi – con la tranquillità che chi è dall’altra parte non avrà fatica a capirne il senso e con esso la “morale” che si porta dietro. Una Data Visualization ben progettata, infatti, è quella che sprona chi la guarda a passare all’azione. Se la data analysis consente di estrapolare le informazioni dai dati, la data visualization ha l’onere ben più gravoso di trasformarle in consapevolezza e decisioni. 

Come si ottiene questo obiettivo? Chiaramente, imparando a padroneggiare principi e tecniche della visualizzazione in modo efficace, a partire dalla consapevolezza che ogni tipologia di dato, ogni relazione che esprime e ogni messaggio che si porta dietro, necessita di una modalità visual differente. Ancora: imparando come focalizzare l’attenzione di chi abbiamo di fronte sui punti salienti del messaggio, eliminando ciò che è superfluo e distraente e adottando logiche di coerenza e ridondanza semantica all’interno del grafico. Ne abbiamo parlato a lungo sul nostro blog e, se vuoi, puoi approfondire ciascuno di questi temi scavando nei nostri archivi.

Di sicuro, l’obiettivo è uno: passare dalla data visualizatoion, e cioè la semplice trasposizione grafica dei dati, al Data Storytelling, il racconto organico e funzionale di una storia, anche se è una storia aziendale. E qual è il fine principale di una storia? Far vivere il racconto e farlo arrivare con la massima chiarezza possibile al destinatario della nostra narrazione. Allo stesso modo, dunque, l’obiettivo ultimo della visualizzazione dev’essere quello di comunicare al destinatario nel modo più chiaro, immediato e rapido possibile le informazioni essenziali.

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Fabio Piccigallo

Un articolo scritto da Fabio Piccigallo

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"To find signals in data, we must learn to reduce the noise, not just the noise that resides in the data, but also the noise that resides in us. It is nearly impossible for noisy minds to perceive anything but noise in data.” Stephen Few