Pubblicato il 18 Maggio 2020Ultimo Aggiornamento: 3 Settembre 2021

Grafici a torta, grafici a torta ovunque.

Tutti, almeno una volta, l’abbiamo pensato. Ci perseguitano, li ritroviamo dappertutto: nei report, nelle presentazioni aziendali, nelle infografiche. Molto carini, colorati e apparentemente facili da capire. Tuttavia gli esperti affermano l’esatto opposto: spesso questi grafici si rivelano poco efficaci, poco comunicativi e difficili da interpretare correttamente, soprattutto per chi è alle prime armi con l’analisi dei dati. Anche se apparentemente comprensibili, infatti, numerosi studi in materia hanno dimostrato come l’occhio umano resti vittima di una sorta di “illusione ottica” che non consente di percepire correttamente le proporzioni delle varie fette di torta.

Nonostante il giudizio negativo, sono ancora in molti a subire il fascino di questo grafico, come se fosse l’unico o quasi in grado di trasmettere correttamente le informazioni. In realtà, ci sono diverse valide alternative – delle quali abbiamo già parlato in passato – che possono essere impiegate per raccontare i dati in modo più semplice, comprensibile e allo stesso tempo accattivante.

Attenzione però: non stiamo suggerendo di rinunciare completamente ai grafici a torta o di dimenticarvi della loro esistenza. Si tratta solo di capire quando utilizzarli e, nel caso, come migliorarli per poter dar vita ad una visualizzazione più chiara ed efficace dei dati. Insomma: se proprio non potete rinunciare ai grafici a torta, cercate di renderli impeccabili!

Quando utilizzare un grafico a torta?

Come avrete già capito, neanche noi siamo grandi amanti dei grafici a torta. Ma non possiamo di certo negare che, in alcune situazioni, il loro utilizzo possa essere più opportuno rispetto ad altre data visualization. Vediamo quali sono queste eccezioni:

  • Un grafico a torta è ideale quando dobbiamo comunicare percentuali elevate e molto differenti tra loro – ad esempio 30%, 50% o 75% – così che sia più semplice per il lettore individuare e comprendere le diverse porzioni;
  • Per le stesse ragioni, è necessario che le fette all’interno di un grafico siano non più di quattro o cinque al massimo.  
  • Utilizziamo questo grafico per rappresentare informazioni relative ad un singolo anno o momento, come una sorta di fotografia: mai per fare un confronto su due o più periodi. In questo caso sarà più comodo scegliere un grafico a barre che metta in evidenza i cambiamenti avvenuti.

Insomma, se dobbiamo rappresentare pochi valori ben definiti – e quindi significativamente diversi tra loro – il grafico a torta fa sicuramente al caso nostro.

Facile, no?

Non proprio, perché anche dietro al grafico più semplice si nascondono numerose insidie da non sottovalutare: i colori, le etichette o il loro posizionamento, per esempio. Ma niente paura, vi aiutiamo noi a districarvi tra spicchi, percentuali e proiezioni: con i nostri consigli diventerete veri esperti dei grafici a torta e farete un figurone durante le vostre presentazioni aziendali. Parola di Delion.

6 consigli per migliorare il vostro grafico a torta

Per migliorare un grafico a torta basta mettere in atto alcuni piccoli accorgimenti che sono alla portata di tutti. Tuttavia, il risultato è meno banale e scontato di quanto si possa pensare.  

Innanzitutto, bisogna iniziare da un concetto basilare, comune alla maggior parte dei grafici: la visualizzazione efficace dei dati. Come si ottiene? Ripulendo ogni grafico dai rumori di fondo, ovvero da tutti quegli elementi inutili o superflui, così che il lettore non sia sottoposto ad un eccessivo stress cognitivo e riesca a concentrarsi solo sulle informazioni veramente importanti. Dunque, Less is More.

Una volta capito questo, non ci resta che vedere quali sono i segreti da implementare per ottenere una pie chart non solo più comunicativa, ma anche più accattivante.

Raggruppa le categorie

Prendendo spunto da un rapporto molto interessante sulla Pet Industry in Italia prodotto da Assalco e Zoomark nel 2019, immaginiamo di dover estrapolare dei dati relativi ai cani, i nostri amici a quattro zampe per eccellenza.

Prima di entrare nello specifico, però, offriamo una panoramica sulle tipologie di animali più diffuse sul territorio italiano. Le categorie hanno percentuali diverse, alcune più piccole rispetto ad altre. Questo rende difficile comprendere appieno i dati.

In questo caso basterà accorpare in un’unica categoria (definendola ad esempio Altro) le sezioni con i valori più bassi così da pulire il grafico e renderlo più leggibile. Ovviamente, potete fare lo stesso se avete la necessità di mettere in evidenza alcuni elementi piuttosto che altri: nel nostro caso la razza canina rappresenta la categoria evidenziata mentre le restanti vengono unite per dare l’idea di un insieme significativo ovvero una parte rispetto al tutto.

Vengono mostrati esempi di grafici a torta

Ordina gli elementi

Spesso, quando creiamo una pie chart, inseriamo le diverse categorie senza prestare attenzione alle loro percentuali o alla loro posizione. Così, la confusione è assicurata. Invece, per una visualizzazione migliore, dobbiamo inserire le diverse porzioni partendo dal valore più alto per arrivare poi a quello più basso.

Allo stesso modo è importante leggere il grafico partendo dalla parte superiore e proseguire in senso orario, come se stessimo guardando le lancette di un orologio.

Prendiamo spunto dalla ricerca sulla Pet Industry e focalizziamoci sul genere di alimenti che vengono maggiormente acquistati dalle famiglie italiane per i loro animali a quattro zampe. I grafici realizzati, pur avendo gli stessi valori, cambiano radicalmente. Nella seconda rappresentazione si capisce immediatamente che l’Umido (cibo in lattina, in vaschetta o in bustina) è quello che viene venduto di più, immediatamente seguito dal Secco e dagli Snack. Nella prima visualizzazione, questa considerazione non è così immediata: ci arriviamo comunque, ma dobbiamo perdere qualche secondo in più (e sforzarci più del dovuto).

In sostanza, un grafico ordinato equivale ad un grafico più fluido e pulito. Avete presente quando togliete i vestiti dalla sedia e subito la vostra stanza vi appare più ordinata? Ecco, proprio così.

Vengono mostrati esempi di grafici a torta

 

Evita il grafico a torta 3D

Quante volte avrete pensato “Un grafico 3D… Perché no?”. In fondo è qualcosa di dinamico e accattivante, giusto? NO! Anzi, è davvero una pessima idea soprattutto in ottica di Data Visualization. Purtroppo la proiezione in 3D rende difficile leggere le diverse porzioni, causando spesso degli errori di valutazione anche di notevole importanza.

I grafici qui sotto, ad esempio, mostrano i principali canali di vendita degli alimenti per i cani. Il primo non è stato modificato mentre nel secondo sono state ordinate le percentuali così da avere maggiore chiarezza.

Cosa c’è di strano? Siamo sicuri che lo avrete notato anche voi: se messe a confronto, alcune fette sembrano diverse.

Prendiamo il Petshop Tradizionale: nel primo grafico (spicchio verde) sembra più grande se paragonato al secondo (spicchio marrone scuro). Risulta ancora più evidente se ci soffermiamo sulla categoria del Discount che nel primo grafico (spicchio celeste) appare molto più ampia rispetto al secondo (spicchio arancione). Eppure hanno gli stessi valori, cambia solo la posizione.

Quindi, a meno che non vogliate deliberatamente trarre in inganno il capo o i clienti, vi sconsigliamo di utilizzare questo grafico perché risulterebbe davvero poco attendibile e mandereste a monte l’intera ricerca… così come il vostro posto di lavoro.

Vengono mostrati esempi di grafici a torta

Specifica cosa viene mostrato nel grafico a torta con sottotitoli e domande

Durante report e presentazioni, per questione di praticità, ci concentriamo principalmente sugli elementi visuali piuttosto che sul testo. Di conseguenza, è necessario che nelle immagini (o nei grafici) sia racchiuso tutto quello che vogliamo dire. Invece, spesso, accade il contrario: poca chiarezza, spiegazioni assenti e così via.

Per ovviare a queste problematiche, è utile inserire nel grafico non solo il titolo, ma anche un sottotitolo che indichi brevemente di cosa si parlerà e una domanda finale che spinga il lettore a riflettere sul significato dei dati: nell’esempio viene riportato il tipo di alimentazione che le famiglie italiane prediligono per i loro amici pelosi con l’aggiunta di un titolo, un sottotitolo descrittivo che fa capire al lettore cosa vedrà e una domanda che consentirà anche un suo maggiore coinvolgimento nella discussione.

Nel nostro caso si tratta ovviamente di un argomento semplice ma, in ottica finanziaria o economica, ulteriori indicazioni aiuterebbero i presenti a comprendere voci molto più complesse, difficili per chi è inesperto o non è del settore. O comunque, anche se chi abbiamo davanti è perfettamente competente in materia, aiutano ad inquadrare il discorso nel modo corretto, chiarendo subito il messaggio che vogliamo mandare e permettendo al nostro interlocutore di leggere efficacemente il grafico, senza doversi sforzare a capire cosa stiamo cercando di comunicare.

Insomma anche le parole, sottoforma di titoli o domande, hanno un loro peso a livello visivo: l’importante è saperle scegliere in modo adeguato a seconda della situazione così da incoraggiare sempre il ragionamento su quello che viene presentato.

Vengono mostrati esempi di grafici a torta

Elimina le legende

Le legende… croce e delizia di ogni grafico. Se da un lato risultano utili perché ci indicano tutti gli elementi in un unico riquadro, dall’altro ci costringono continuamente a spostare lo sguardo per individuare la corrispondenza tra i dati e i relativi colori. Quest’azione porta solo ad un ulteriore stress cognitivo per il lettore e ad un suo conseguente calo di attenzione fin dall’inizio.

Quindi le legende andrebbero evitate per quanto possibile, inserendo il valore e la percentuale direttamente all’interno di ogni grafico così come abbiamo fatto per tutti quelli rielaborati.

Scegli i colori più adatti

Nel realizzare i grafici a torta, spesso utilizziamo automaticamente le palette di colori offerte da Excel o da qualche altro programma di Data Visualization. Di fatto, non prestiamo quasi mai attenzione all’aspetto cromatico di un grafico. Ma indovinate un po’? È fondamentale anche questo.

Come avrete notato, i grafici “rielaborati” mostrano una gradazione di colori dal più scuro al più chiaro in base alle percentuali delle diverse porzioni. In questo modo diventa tutto più intuitivo e coerente, semplificando sia la visualizzazione che la lettura dei dati.

Non esiste una regola unica, ovviamente: a volte i colori è bene siano diversi, ma anche in quel caso non significa che debbano essere messi a caso. Si può optare per un raggruppamento semantico (colori caldi vs. colori freddi, ad esempio) o per colori nitidi su fondo grigio. Allo stesso modo, potete scegliere i colori o le gradazioni che più vi piacciono. Tuttavia, ricordate sempre che state realizzando qualcosa per i vostri clienti – non per voi stessi – dunque pensate a quali abbinamenti cromatici potrebbero influenzare maggiormente il loro interesse e la loro percezione.

Nel fare questo, considerate il tipo di emozione che volete suscitare e aiutatevi anche con la psicologia del colore per ottenere risultati soddisfacenti.

Insomma: nonostante i tanti limiti che li contraddistinguono, sembra proprio che molti di noi non riescano a fare a meno dei grafici a torta… o magari non vogliamo perché in fondo anche loro – se realizzati adeguatamente – possono comunque offrire un prezioso contributo per la realizzazione di quello che è lo scopo primario del data storytelling: ovvero dare voce ai dati. Non importa attraverso quali grafici, l’unica cosa che conta è riuscire a raccontare storie chiare ed interessanti che coinvolgano chi le legge o le ascolta.

Questo è quello che ci piace fare quotidianamente in agenzia: lavorare sui dati e, soprattutto, sulle esigenze dei clienti.   

A proposito, il nostro nuovo sito è online! Correte a vederlo per scoprire tutti i servizi che abbiamo da offrirvi.

E mi raccomando… create grafici a torta responsabilmente.

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Noemi Speciale

Un articolo scritto da Noemi Speciale

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Signals always point to something. In this sense, a signal is not a thing but a relationship. Data becomes useful knowledge of something that matters when it builds a bridge between a question and an answer. This connection is the signal. Stephen Few