Se il marketing dell’azienda deve basarsi sui dati, è importante che questi dati riescano a trasmettere le giuste informazioni. Anzi: la giusta conoscenza.
È per questo che la data visualization ha un ruolo essenziale in ogni azienda: è il modo in cui i dati raccolti vengono resi disponibili a coloro che ne avranno effettivamente bisogno per prendere decisioni corrette.
Dalla data visualization al data storytelling, poi, il passo è breve. L’obiettivo di un buon report infatti non è fornire più dati possibili (che possono essere anche fuorvianti, in molti casi), bensì di evidenziare quelli che sono i dati rilevanti per l’azienda e per il settore in cui opera.
Data storytelling è quindi quando l’insieme dei dati diventa capace di trasmettere una conoscenza effettiva dei fenomeni che stiamo analizzato (ad esempio, il modo in cui si muovono le vendite oppure i costi di struttura dell’azienda) ed è qualcosa di molto più raffinato, quindi, di un semplice grafico generato automaticamente a partire dai dati raccolti.
In questo articolo mi soffermerò esattamente su questo: tentare di spiegare i pilastri di una data visualization efficace, capace di creare storytelling, e come questo approccio possa impattare positivamente sull’azienda e sui suoi risultati.
Il marketing ha bisogno di dati
La data visualization non è una disciplina che nasce con il web marketing: è una necessità che emerge, da sempre, ogni volta che si tratta di rendere fruibili dei dati ad altre persone rispetto a coloro che hanno contribuito a raccoglierli ed elaborarli.
I destinatari, infatti, hanno spesso un background diverso, che può non ricomprendere la familiarità con la raccolta dei dati. Chi lavora nelle aziende (o con le aziende, come consulente) sa perfettamente quanto è complesso trasmettere i dati quantitativi al management o alla proprietà, che spesso hanno semplicemente una formazione differente.
In un oceano di numeri e informazioni, non è facile riuscire a pescare quelli che sono effettivamente rilevanti per capire un fenomeno. Una semplice tabella con una serie di numeri può essere di difficile lettura, se non addirittura fuorviante in certi casi. Chi deve prendere decisioni ha invece bisogno di informazioni chiare e ben delineate, che lo aiutino a capire senza ambiguità qual è il quadro in cui si sta muovendo.
Ecco quindi che qualcuno deve fare un lavoro di raccordo: identificare il dato rilevante e il modo migliore di metterlo in evidenza, legandolo al suo contesto, in modo da trasmettere conoscenza e non semplice informazione.
“Informazione” è infatti un insieme indistinto di nozioni; “conoscenza” è invece quando si riesce a comprendere e inquadrare correttamente un fenomeno.
Il decisore ha bisogno di conoscenza, non di informazione; la data visualization consente di trasmettere la conoscenza dal data analyst al management o a chi, in ogni ambito, dovrà utilizzare quella conoscenza per fare un lavoro migliore.
Dalla raccolta dei dati al data storytelling
Quella a cui abbiamo appena accennato è la dinamica del data storytelling. Il termine può sembrare strano: i dati raccontano “storie”?
In effetti sì. I dati diventano storytelling ogni volta che vengono gerarchizzati e proposti in una forma che permette, quindi, un racconto coerente dell’informazione, quello che si trasforma in conoscenza di un certo fenomeno.
Ecco perché si presentano elaborazioni grafiche anziché serie di numeri e tabelle, ed ecco perché, soprattutto, questi grafici vengono generalmente scelti con attenzione nella forma e rielaborati per mettere in evidenza una o più grandezze specifiche.
Tutti coloro che si occupano di presentare dati si sono resi conto di quanto questo processo sia complesso: a tutti è capitato di preparare grafici che ritenevano perfetti, per poi rendersi conto che chi riceveva i report o assisteva alla presentazione non coglieva il messaggio principale che avrebbe dovuto essere trasmesso.
Si può avere l’impressione che chi si occupa di data visualization faccia un lavoro in qualche modo secondario rispetto a chi, magari, predispone i sistemi software che quei dati raccolgono; che sia un lavoro di puro abbellimento.
Niente di più sbagliato. La data visualization è, al contrario, quell’operazione di raccordo che rende i dati fruibili al loro destinatario: se un dato non viene compreso non può essere utilizzato, e se non può essere utilizzato allora diventa inutile anche lo sforzo fatto per raccoglierlo.
Possiamo dire quindi che sì, che chi si occupa di data visualization ha, tra i suoi compiti, quello di abbellire i grafici; ma ricordandoci che un bel grafico, in questo contesto, è quello che assolve bene al suo lavoro.
Alcuni spunti utili
Fin da bambini impariamo ad analizzare un testo scritto e identificarne gli elementi. Ci viene insegnato a distinguere le informazioni principali da quelle secondarie, la struttura di un testo, in che modo i diversi elementi sono in rapporto tra loro; impariamo a capire quando è corretto inserire un elenco puntato per aiutare la lettura, o un grassetto.
Un allenamento di questo tipo non viene mai fatto, invece, per quanto riguarda i dati.
Ne ho la riprova ogni volta che tengo un corso sulla data visualization. Spesso gli allievi arrivano in aula confusi sugli obiettivi stessi del corso: spesso pensano che si tratti di imparare come si strutturano i report e le dashboard da un punto di vista tecnico, e non a ragionare su quegli stessi dati per depurare ciò che non serve ed evidenziare il dato essenziale.
Si lavora, infatti, per aggregazione e sottrazione, per poter estrarre ciò che è rilevante da set di dati estesi.
Una volta iniziato il corso, poi, noto che applicano con fatica il principio di gerarchizzazione, che è invece essenziale per arrivare a trasmettere conoscenza anziché semplice informazione.
Esistono molti accorgimenti specifici per migliorare i nostri grafici. Ne riporto qui alcuni di semplice lettura e applicazione.
L’uso del colore
Uno di questi accorgimenti riguarda l’uso del colore. Tornando ai miei allievi, noto che la tendenza istintiva è quella di provare a distinguere ed evidenziare tutto. Di fronte a un istogramma, ad esempio, tendono a evidenziare ciascuna colonna con un colore diverso senza rendersi conto che colorare tutto equivale a non evidenziare niente.
In realtà lo stesso istogramma sarà molto più efficace se le colonne vengono lasciate tutte in grigio, a parte quella (o quelle) che vogliamo evidenziare.
Simboli grafici ed etichette
L’aggiunta di etichette chiare, non ambigue, è un altro modo per aumentare la leggibilità del grafico. Se vogliamo aumentare l’immediatezza della lettura, possiamo sostituire o accompagnare le etichette con icone specifiche. Il disegno di un pozzo di petrolio, ad esempio, se stiamo parlando di dati di estrazione o consumo.
Titoli esplicativi e annotazioni temporali
Un altro suggerimento è di curare bene i titoli dei grafici, evidenziando anche quelli che possono essere gli avvenimenti rilevanti a livello temporale o altre condizioni straordinarie di contesto.
Immaginiamo, ad esempio, di ricontrollare i fatturati mensili del 2020 tra qualche anno: probabilmente avremo dimenticato il periodo esatto del lockdown di marzo-aprile o delle restrizioni vissute nell’autunno. Ecco che quindi può essere utile specificare che si trattava dell’anno della pandemia già nel titolo del grafico e applicare delle etichette specifiche a ogni mese, così da mantenere una chiave di lettura corretta del dato anche a distanza di alcuni anni.
Grafici statici in powerpoint oppure dashboard dinamiche online?
Anche in questo caso non esiste una risposta univoca. I grafici presentati in modo statico, ad esempio attraverso il classico powerpoint proiettato durante la riunione o nel report stampato su carta, hanno il vantaggio di poter essere fruiti in ogni ambiente e quello di poter essere meglio predisposti per una lettura corretta.
Le dashboard dinamiche possono mostrare molte più informazioni, ma chi le imposta dovrà essere ancora più attento a predisporle nel modo migliore per evitare un sovraccarico informativo che può rendere più difficoltoso estrarre i dati rilevanti per arrivare a una buona comprensione e conoscenza.
Legende, didascalie, introduzioni possono facilitare la lettura.
In conclusione…
La data visualization è una disciplina complessa e affascinante, che diventa tanto più necessaria quanto più è complesso l’ambiente nel quale l’azienda si muove.
È un’operazione di reverse engineering, poiché partendo dalle informazioni principali si decide come organizzare il grafico nel suo complesso, per evidenziarle al meglio e creare un vero e proprio data storytelling.
L’obiettivo è trasmettere una conoscenza corretta ed esaustiva dei fenomeni analizzati, con particolare riguardo al destinatario del report e alle sue esigenze e competenze.
Solo così si può arrivare a presentare report effettivamente efficaci nel sostenere e indirizzare i processi decisionali dell’azienda, completando e valorizzando il precedente lavoro di raccolta e analisi dei dati.