Pubblicato il 7 Settembre 2020Ultimo Aggiornamento: 3 Settembre 2021

Cominciare a scrivere questo post quando l’ora di pranzo si avvicina forse non è stata un’idea brillante. Ma qui a Data Storytelling siamo temerari: ecco perché nonostante un tempismo discutibile, stiamo per parlare di Big Mac Index. Il più celebre panino del Mc Donald’s ha infatti dato vita ad un indicatore economico che, per quanto informale, viene utilizzato in tutto il mondo per operare confronti tra il potere di acquisto di diverse valute. Per la sua efficacia, per la sua semplicità e – diciamocelo – per il fatto che sia particolarmente divertente rispetto ai noiosi indicatori economici che normalmente si utilizzano, ogni anno vengono prodotte decine di visualizzazioni a riguardo. Alcune stupende, altre potenzialmente interessanti, qualcuna brillante ed intuitiva: il Big Mac Index è uno dei casi di studio più interessanti per riflettere su spunti e idee in materia di Data Visualization. Pronti a fare scorta di consigli golosi?

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Una premessa necessaria: che cos’è il Big Mac Index

Partiamo con un po’ di storia. È il 1986 quando il The Economist, nota rivista inglese d’informazione politica-economica, escogita un modo particolarmente intuitivo per facilitare ai propri lettori la comprensione del confronto tra valute e in particolare tra il loro potere di acquisto, concetto che altrimenti rischia di restare molto astratto per la maggior parte delle persone.

Il presupposto è che la più famosa catena di fast food del mondo ha punti vendita sparsi ai quattro angoli del pianeta e, al di là delle specifiche offerte di prodotto che spesso variano da nazione a nazione, vende sempre e comunque il suo panino di punta, il famigerato Big Mac. Prodotto con gli stessi ingredienti, il costo di produzione dovrebbe essere più o meno lo stesso in qualunque Paese. D’altro canto, i Mc Donald’s delle varie nazioni hanno una certa flessibilità nello stabilire il prezzo di vendita: secondo questa logica, il prezzo finale – una volta convertito in dollari – dovrebbe dare conto del potere di acquisto reale di una valuta.

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Si tratta, evidentemente, di un indicatore estremamente impreciso: sul prezzo di un panino possono incidere tanti altri fattori (tasse, dazi, ma anche banalmente la situazione del mercato e quindi il numero di concorrenti presenti). Ciononostante, viene utilizzato spesso da molti economisti proprio perché, anche con tutti i suoi limiti, si presta molto bene a dare un’idea discretamente precisa del potere d’acquisto di molte valute. Dal 1986, il Big Mac Index viene pubblicato a cadenza più o meno annuale e, ogni volta, giornalisti, grafici e appassionati di Data Viz si divertono a visualizzarlo nei modi più innovativi.

Indice Big Mac: le visualizzazioni dati più belle

Basta digitare su Google immagini “Big Mac Index” per imbattersi in decine di visualizzazioni e di infografiche a tema, tutte risalenti a un anno in particolare. Alcune sono banali e quasi noiose. La maggior parte, invece, punta molto sull’elemento di contesto: gioca su colori, logo o immagini per chiarire subito l’argomento del discorso. A volte il risultato è interessante, altre volte lo sforzo è apprezzabile, ma l’output decisamente poco convincente. Di sicuro, ognuna di queste visualizzazioni dati può fornirci spunti di riflessione ed elementi da prendere in considerazione.

L’indice Big Mac rappresenta un caso di studio interessante perché costituisce un caso molto raro in cui per lo stesso grafico, sono reperibili decine di Data Viz diverse da confrontare per imparare cosa funziona e cosa no. Noi ne abbiamo selezionati alcuni: proviamo a capire pro e contro di ciascuno di essi.

Il grafico di Statista con i dati relativi al 2016 mostra un tentativo un po’ maldestro di giocare sul contesto: c’è un panino che tuttavia sembra la versione anemica e slavata del Big Mac e, in alto a destra, la prima barra si fonde leggermente a ricordare la fusione del formaggio. Mah. Il grafico a barre resta particolarmente efficace, forse il più indicato di tutti in questo caso e tuttavia il colore non convince: perché l’arancione? Ogni scelta, all’interno di un grafico, dev’essere sempre ragionata.

Questa seconda data viz unisce i due elementi utilizzati sopra, vale a dire che ingloba il panino all’interno del grafico a barre. Un’idea carina, anche se visivamente genera un po’ di confusione e una lettura dei dati poco agevole: in questo senso, il fatto che le barre siano verticali (e – aggiungiamo – che lo siano anche i nomi dei paesi) non aiuta. Un punto debole? Ancora una volta il colore: un verde Tiffany che, oltre a non avere ragione di essere, stona con i panini, affaticando gli occhi durante la lettura.

Simile alla precedente, ma con alcune importanti differenze, alcune positive, altre negative. Partiamo dal punto a sfavore: se i panini impilati potevano confondere un po’, il fatto che qui siano anche distanziati tra loro in verticale tanto quanto lo sono in orizzontale, non aiuta a “vedere” le barre. D’altro canto, è ottima la scelta di inserire le etichette dei Paesi in orizzontale e, in cima ad ogni barra, il prezzo del Big Mac in dollari. In questo modo il confronto diventa più semplice ed immediato. Bene anche l’uso del colore: il rosso è uno dei colori di brand del Mc Dondald’s e la scelta di evidenziare in giallo (altro colore di brand) il prezzo del panino in Malesia suggerisce una lettura guidata che da titolo manca, ma probabilmente era presente all’interno del discorso all’interno del quale questo grafico si inserisce.

Questo qui su è uno dei due grafici che abbiamo condiviso sulla nostra Pagina Facebook lanciando la sfida ai nostri follower: quali sono pro e contro di questo grafico? I punti di forza sono parecchi e senza dubbio superano quelli critici. Da una parte come elemento di contesto abbiamo il panino, ma anche una mappa che immediatamente suggerisce di che stiamo parlando: confronti su tutto il territorio internazionale. Anche in questo caso le barre sono formate da Big Mac, ma un po’ per le dimensioni, un po’ per l’uso dello spazio, è più facile “misurarle”. Le bandiere sono un ottimo segnale per far capire subito a quale nazione si riferisce ogni singolo dato puntuale (certo, magari metterle con l’asta dal verso giusto sarebbe stato meglio…) e anche in questo caso si opta per indicare l’indice reale per ogni Paese. Interessante anche, inoltre, la scelta di indicare la posizione in classifica di ogni stato, dato che non tutti sono presenti nel grafico e vengono esclusi quelli che presumibilmente non sono interessanti per l’analisi in questione. L’elemento più virtuoso di tutti, però – e si tratta purtroppo di un’eccezione – è la scelta di inserire un titolo parlante e un box di testo che spieghi e indirizzi la lettura. Qui abbiamo parlato dell’importanza nel testo della Data Visualization: serve un ripasso?

L’aspetto più degno di attenzione di questa visualizzazione è la scelta di utilizzare un grafico di deviazione per mostrare non tanto l’indice in sé (pur presente sull’estrema sinistra), ma la sopravvalutazione o al contrario la sottovalutazione della valuta rispetto al dollaro. In questo modo in un unica Data Viz vengono veicolate due informazioni ugualmente importanti ma differenti. Il punto debole è la scelta di utilizzare barre gialle su una foto dagli stessi colori, così che tutto diventi un po’ più difficile da leggere…

E infine: chi lo ha detto che il grafico a barre è l’unico valido per mostrare graficamente l’andamento del Big Mac Index? Quella qui sopra è una validissima alternativa alla quale, lo sappiamo, non avevate pensato: eppure la mappa è tanto semplice quanto efficace.

I Paesi di interesse vengono localizzati geograficamente e una bolla indica il valore dell’indice, sempre e comunque seguito dal numero corrispondente. In questo modo, è anche più facile vedere in quali aree del mondo si collocano le valute forti e quelle invece deboli. Anche qui non manca il contesto, anche se l’accostamento di una foto e di un cartoon suona quantomeno strana.

Ognuno di questi grafici ha delle idee interessanti, degli spunti da cui poter trarre ispirazione e delle cose che non funzionano che dovremmo imparare a evitare. Come elaborereste voi il grafico perfetto? Ce n’è qualcuno tra questi o in giro per il web che credete si avvicini alla soluzione migliore? Aspettiamo di sapere le vostre risposte!

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Fabio Piccigallo

Un articolo scritto da Fabio Piccigallo